Corrado Tocci

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DAL PROTEZIONISMO CULTURALE AL PROTEZIONISMO ECONOMICO

Il Partito della LEGA, a Pontida, ha ribadito la necessità di difendere gli interessi dei cittadini del nord, in special modo, il tenore di vita economico raggiunto.

Questo approccio storico-politico, dal punto di vista della LEGA, è comprensibile, considerato che è un partito giovane, sviluppatosi durante gli anni ’70 all’interno di botteghe, dove con grandi sacrifici alcune generazioni erano riuscite a rimanere in loco senza dover emigrare per lavori stagionali o per lunghi periodi in Francia, Svizzera, Belgio, Germania, Americhe o Australia.

Gli uomini politici che militano nella LEGA forti di questo substrato culturale, come magli, continuano a propagandare gli stessi concetti di autarchia funzionale, non potendo attingere alla memoria storica, che è la madre di ogni azione politica.

La memoria storica è quel salvagente che ci ricollega a fatti e avvenimenti che hanno permesso la trasformazione di una società e che mette in evidenza quali sono i pilastri sui quali il sistema evolvendosi può continuare ad esistere, mantenendo le stesse caratteristiche socio economiche.

La fortuna dell’Italia è da ricercare in quella generazione di politici, che alla fine del fascismo, pur se con visioni ideologiche e sociali diverse, avendo patito il carcere, l’esilio, le privazioni, il sentirsi soli e isolati per amore di giustizia, non hanno mai perso la speranza di fondare uno Stato dove la giustizia, l’uguaglianza e la solidarietà fossero al centro dell’interesse generale.

La LEGA, paradossalmente, in un momento in cui i partiti assomigliano sempre più a oligarchie voraci in continua lotta tra loro, per adesso, è l’unico partito popolare, rappresentante di un territorio.

Anche se anche la LEGA, come tutti gli altri partiti, risente di un momento storico in cui si è portati a dare più peso alla “pancia” e non al “cuore” del sistema.

In questa fase la LEGA non deve commettere un errore che potrebbe con il tempo dimostrarsi fatale. Gli uomini politici che firmarono la Costituzione, trasversalmente, al di sopra delle proprie ideologie, firmarono un patto non scritto in cui il nord, essendo anche più vicino ai mercati dell’Europa centrale ed avendo a disposizione più energia, diventava un sistema diffuso di produzione, fondato su piccole e medie imprese, mentre al sud, che diventava un enorme mercato da rifornire, veniva lasciato il pubblico impiego e le nuove forme assistenziali che il Governo avrebbe messo in campo.

Con l’avvio delle regioni a statuto ordinario questo tacito accordo si avviava verso la conclusione. Agli inizi degli anni 70’ avevamo un nord sviluppato e più emancipato, fondato sul mercato, rispetto ad un sud che aveva beneficiato della sviluppo quantitativo ma che incontrava sempre più difficoltà ad essere al passo con il cambiamento in atto. La fine dello “Stato Nazione” puniva i vari mezzogiorno d’Europa, considerato che le varie norme di protezione di quei mercati locali non avevano più nessun valore. Le imprese ubicate nei vari mezzogiorno non potevano più godere di quote di appalti riconosciute dalle legislazioni precedenti.

La globalizzazione ha bloccato il fenomeno dello sviluppo locale assistito, con la conseguente caduta della valorizzazione delle risorse umane ed economiche presenti su quel territorio.

Se contemporaneamente verranno meno le regole di protezione e di solidarietà sociale, il sud si vedrà costretto a rilanciare un sistema produttivo, smettendo di essere solo mercato di vendita e territorio al quale sottrarre risorse economiche e finanziarie da investire altrove.

Questo fenomeno già comincia ad emergere.

Certamente, in un sistema globale, alle imprese che sostengono la LEGA non interessa la perdita di un mercato come quello del centro e del sud Italia, ma questo significa andarsi a confrontare con sistemi produttivi che seguono regole previdenziali e fiscali più vicine alla economia informale di scambio, più che alla economia di mercato tipica dei Paesi occidentali.

Sicuramente è molto importante innescare meccanismi virtuosi, ma questo deve avvenire nella logica di diffondere sempre più questo tipo di cultura, e per ottenere questo risultato occorre cercare e sperimentare tutte le forme possibili che permettono di uscire dalla logica assistenzialista di suddito a quella di persona artefice del proprio avvenire.

24 Giugno 2011


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