Corrado Tocci

Menù

image

Progetti Europei Rete IRIS

L’EUROPA DELLE PROCEDURE VUOLE UN’ALTRA GUERRA

Nella storia del capitalismo mondiale gli incidenti accorsi alle centrali nucleari hanno pesato sempre molto nel PIL dei paesi dove è avvenuto il disastro.

In questi giorni è il caso del Giappone. Il Giappone, terza potenza produttiva mondiale, che ha fondato la sua fortuna industriale anche sul minor costo dell’energia, grazie al nucleare.

L’economia giapponese si trova ad affrontare oltre al disastro ecologico, anche un ripensamento del suo modello produttivo nel quale il fattore energia avrà un peso considerevole.

In una economia globalizzata questi problemi che affronta l’economia giapponese si ripercuoteranno sul debito pubblico americano, che potrà contare sempre meno sugli acquisti di titoli da parte del Giappone.

Contemporaneamente i giovani dei Paesi dell’ex “terzo mondo” hanno deciso che non possono continuare a morire di fame, di malattie e di stenti, mentre i loro Paesi vengono depredati dalle materie prime e dalle risorse energetiche, per continuare a far vivere nello spreco un occidente in fase declinante sul piano storico.

Il problema che deve affrontare l’economia giapponese riguarda anche molte economie occidentali, che hanno fondato, prevalentemente, sul nucleare le loro esigenze energetiche, aggiungendo così fattori di vantaggio al loro sistema produttivo.

Solo alcuni Paesi che hanno detto no al nucleare, come l’Italia, non saranno toccati, almeno teoricamente, dal problema come fare a meno dell’energia nucleare. Da tener presente che l’Italia importa circa un quarto della sua energia dai Paesi confinanti, energia prodotta dal nucleare. Se questi Paesi confinanti dovessero cominciare a chiudere delle centrali, ritenute poco sicure, anche noi italiani dovremo cominciare a ripensare a come garantire il nostro fabbisogno energetico.

Mentre la maggior parte delle nazioni è impegnata a risolvere i problemi relativi all’emergenza energetica, alla occupazione delle terre e alle conseguenti migrazioni, cosa fa l’Europa? Invece di cercare di aiutare queste nuove generazioni africane, sfruttate per secoli, lascia spazio alla Francia e all’Inghilterra di iniziare una nuova guerra neocoloniale per tentare di mettere le mani, tanto per cominciare, sui pozzi di petrolio libici.

Il cambiamento epocale sta dimostrando che le modalità con cui si sta costruendo l’Europa, mediante forme di competizione e regolamentazione di fatto, sono superate dalla storia e che il trattato di Lisbona è un trattato non più al passo con i tempi e che il passaggio da un ruolo prettamente burocratico ad uno più prettamente politico doveva essere fatto già da anni.

Non è pensabile che la politica estera dell’Unione Europea venga messa in mano ad una persona poco conosciuta ma di fiducia delle lobby.

L’Europa deve essere una Europa dei popoli non di una élite a “basso contenuto etico”.

Il comportamento di alcuni Paesi europei, come la Francia, che si gratifica, da decenni, del suo senso della libertà, della giustizia e dell’uguaglianza, mentre accoglie terroristi condannati per omicidio, fa ricorso a dei cavilli burocratici, del trattato di Schengen, per non riconoscere i permessi temporanei concessi dall’Italia ai figli del suo ex impero, in modo da respingerli dal territorio francese.

Non possiamo accettare di essere, nuovamente, coinvolti in una nuova guerra anglo-francese, anche perché la storia ci ha dimostrato quanto sono state disastrose altre esperienze simili medio-orientali.

Preso atto dello stallo dell’Unione Europea e la sua mancanza di capacità politica nell’affrontare le vere emergenze collegate al cambiamento globale, forse sarà opportuno cominciare a ripensare la presenza di Paesi come l’Italia, la Spagna, il Portogallo, la Grecia, la Bulgaria e la Romania, all’interno di una Europa caduta in mano a lobby con aspirazioni guerrafondaie, neocolonialiste che tentano di riproporre situazioni ottocentesche.

06 Giugno 2011

 


Richiesta Info