MEMORIA E POST MODERNITA'
MEMORIA E POST MODERNITAʼ
Le tematiche economiche e finanziarie, mai come oggi, non sono in grado di assicurare quella qualità umana delle relazioni necessaria alla convivenza civile. Le persone si sentono sempre più impotenti, schiacciate sempre più da una forma di schiavitù non tanto fisica quanto spirituale.
Nel popolo si creano artificiosamente contrapposizioni per la politica, per l’economia, per la religione, per la etnia; mentre le élite vengono rese sterili mediante la corruzione.
Una società dove il tempo libero è più importante del lavoro. Una società che tende a dividere la popolazione in due classi distinte e separate, quasi inconciliabili tra loro: una elitaria abituata ad operare a livello globale, detentrice dei simboli e un sempre crescente numero di persone con poche speranze di trovare una occupazione e obbligate a vivere con il sostegno dell’assistenzialismo e della carità.
Il mito del benessere a tutti i costi è stata la frontiera ingannevole su cui è caduta la dignità umana, il senso della vita, i rapporti umani. La civiltà non viene misurata dai valori ma dalla quantità, dall’egemonia dei mezzi. La memoria storica è quel “salvagente” che ci ricollega a fatti e avvenimenti che hanno permesso la trasformazione di una società.
Questo libro vuole stimolare un confronto dialettico con una visione, anticipatrice di anni, di fenomeni politico-sociali che hanno radicalmente mutato il rapporto sociale, nella valutazione dell’etica del lavoro e dell’impresa.
L’elemento distintivo della società moderna è, del resto, la promozione del libero scambio: si ritiene che il commercio internazionale rappresenti uno dei pilastri per la crescita economica, pilastro che dovrebbe contribuire a creare nuovi posti di lavoro, ad aumentare le opportunità per i consumatori, i lavoratori, le imprese e a ridurre la povertà.
In questi ultimi decenni il commercio internazionale ha registrato una grande espansione, e ha favorito la delocalizzazione di rilevanti porzioni di attività economica, come di componenti di beni e servizi, dai paesi di origine a paesi emergenti, paesi in grado di garantire costi di produzione e tassazione più bassi.
Tale sistema oggi viene messo in discussione dalla digitalizzazione e dalla pandemia e dalle loro ricadute sull’economia mondiale.
Anche in Italia, negli ultimi trenta anni, grandi e medie imprese industriali o dei servizi hanno trasferito attività o funzioni aziendali all’estero. Questo ha contribuito al declino dei “Distretti Industriali”, fiore all’occhiello del sistema produttivo italiano, con la conseguente perdita di milioni di posti di lavoro.
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