Corrado Tocci

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I VESCOVI INTERPELLANO I CRISTIANI PER SUPERARE LA CRISI ITALIANA

In occasione del Consiglio Permanente dei Vescovi italiani, nella sua prolusione, il Cardinale Presidente ha esaminato tutta una serie di problemi che affliggono l’Italia e che sono la causa della crisi del paese.

Le varie componenti della “casta” hanno cercato di estrapolare dal contesto quelle frasi che potessero portare acqua al proprio mulino, tralasciando il senso vero del messaggio e le sue finalità:

Come Popolari riteniamo che il messaggio rivolto ai cattolici possa essere fatto proprio da tutti i cristiani, credenti e non credenti, nel momento in cui la centralità dell’uomo nella vita di tutti i giorni è continuamente messa in discussione. Convinti che la preoccupazione di sostenere “gli ultimi” viene prima delle personali convinzioni collegate al credere o meno alla trascendenza.

La lettura pastorale dei segni dei tempi evidenzia che “appare emergente, il senso di insicurezza diffuso nel corpo sociale, rafforzato da un attonito sbigottimento a livello culturale e morale. Un’insicurezza che si va cristallizzando, e finisce per prendere una forma apprensiva dinanzi al temuto dileguarsi di quegli ancoraggi esistenziali”; questi ancoraggi, sempre più sottili, sono la famiglia, la scuola e la politica, realtà in piena crisi identitaria e che non riescono a riconquistare la centralità sociale che la storia richiede.

I Vescovi italiani propongono “Vorremmo che la nostra parola, se deve echeggiare nel cuore degli italiani e nell’opinione pubblica, riuscisse a risvegliare la speranza, e ad un tempo quella tensione alla verità senza la quale non c’è democrazia.”, di seguito evidenziano tutta una serie di storture ed incongruenze presenti nel sistema, nazionale ed internazionale, che hanno causato la crisi odierna:

•“La globalizzazione resta non governata, e sempre più tende ad agire dispoticamente prescindendo dalla politica. La finanza è tornata a praticare con frenesia dei contratti di credito che spesso consentono una speculazione senza limiti. E fenomeni di speculazione dannosa si verificano anche con riferimento alle derrate alimentari, all’acqua, alla terra, finendo con impoverire ancor di più quelli che già vivono in situazione di grave precarietà” 

•“Nessuna nuova istituzione internazionale è stata nel frattempo messa in campo col potere di regolare appunto la funzionalità dei mercati allorché questi risultino anomali.”

• “Le agenzie che classificano l’affidabilità dei grandi soggetti economici hanno continuato a far valere la loro autarchica e misteriosa influenza, imponendo ulteriori carichi alle democrazie.” 

•“Dal canto suo, l’Europa ha fatto fronte in ritardo e di malavoglia alle emergenze, incapace di esprimere una visione comunitaria inclusiva dei doveri propri della reciprocità e della solidarietà, soprattutto rivelando ancor di più lo squilibrio tra l’integrazione economica, di cui l’euro è espressione, e un’integrazione politica, ancora inadeguata, pesantemente burocratizzata e invasiva.” 

•“D’altronde, l’Italia non si era mai trovata tanto chiaramente dinanzi alla verità della propria situazione. Il che significa, tra l’altro, correggere abitudini e stili di vita. Qualcosa di facile a dire, ma estremamente difficile ad applicare, anzitutto per sé.”

Molto duro è il giudizio complessivo che viene dato della “gestione complessiva” dell’Italia, di quello che si sta facendo e di come lo si sta facendo:

•“L’impressione tuttavia è che, stando a quel che s’è visto, non sia purtroppo ancora sufficiente. Colpisce la riluttanza a riconoscere l’esatta serietà della situazione al di là di strumentalizzazioni e partigianerie; amareggia il metodo scombinato con cui a tratti si procede, dando l’impressione che il regolamento dei conti personali sia prevalente rispetto ai compiti istituzionali e al portamento richiesto dalla scena pubblica, specialmente in tempi di austerità.”

•“Rattrista il deterioramento del costume e del linguaggio pubblico, nonché la reciproca, sistematica denigrazione, poiché così è il senso civico a corrompersi, complicando ogni ipotesi di rinascimento anche politico. Mortifica soprattutto dover prendere atto di comportamenti non solo contrari al pubblico decoro ma intrinsecamente tristi e vacui.”

Ancora più duro è il giudizio su quella che la pubblicistica ha chiamato in termini deteriori casta:

•“Chiunque sceglie la militanza politica, deve essere consapevole della misura e della sobrietà, della disciplina e dell’onore che comporta, come anche la nostra Costituzione ricorda”

•“Si rincorrono, con mesta sollecitudine, racconti che, se comprovati, a livelli diversi rilevano stili di vita difficilmente compatibili con la dignità delle persone e il decoro delle istituzioni e della vita pubblica”

Riguardo allo scenario generale della situazione dell’Italia vengono denunciati tutta una serie di comportamenti che favoriscono il degrado complessivo del sistema:

•“È l’esibizione talora a colpire. Come colpisce l’ingente mole di strumenti di indagine messa in campo su questi versanti, quando altri restano disattesi e indisturbati. E colpisce la dovizia delle cronache a ciò dedicate.”

•“Nessun equivoco tuttavia può qui annidarsi. La responsabilità morale ha una gerarchia interna che si evidenzia da sé, a prescindere dalle strumentalizzazioni che pur non mancano. I comportamenti licenziosi e le relazioni improprie sono in se stessi negativi e producono un danno sociale a prescindere dalla loro notorietà. Ammorbano l’aria e appesantiscono il cammino comune. Tanto più ciò è destinato ad accadere in una società mediatizzata, in cui lo svelamento del torbido, oltre a essere compito di vigilanza, diventa contagioso ed è motore di mercato. Da una situazione abnorme se ne generano altre, e l’equilibrio generale ne risente in maniera progressiva.” 

•“È nota la difficoltà a innescare la marcia di uno sviluppo che riduca la mancanza di lavoro, ed è noto il peso che i provvedimenti economici hanno caricato sulle famiglie; non si può, rispetto a queste dinamiche, assecondare scelte dissipatorie e banalizzanti. La collettività guarda con sgomento gli attori della scena pubblica e l’immagine del Paese all’esterno ne viene pericolosamente fiaccata. Quando le congiunture si rivelano oggettivamente gravi, e sono rese ancor più complicate da dinamiche e rapporti cristallizzati e insolubili, tanto da inibire seriamente il bene generale, allora non ci sono né vincitori né vinti: ognuno è chiamato a comportamenti responsabili e nobili. La storia ne darà atto.”

La questione morale rimane il punto centrale del “dissesto” del Paese, a questo riguardo vengono evidenziati alcuni aspetto di grande rilevanza come;

•“È necessario che ciascuna istituzione rispetti rigorosamente i propri ambiti di competenza e di azione, anche nell’esercizio del reciproco controllo.” 

•“La questione morale, quando intacca la politica, ha innegabili incidenze culturali ed educative. Contribuisce, di fatto, a propagare la cultura di un’esistenza facile e gaudente, quando questa dovrebbe lasciare il passo alla cultura della serietà e del sacrificio, fondamentale per imparare a prendere responsabilmente la vita.”

•“Non si capisce quale legittimazione possano avere in un consorzio democratico i comitati di affari che, non previsti dall’ordinamento, si auto-impongono attraverso il reticolo clientelare, andando a intasare la vita pubblica con remunerazioni – in genere – tutt’altro che popolari.” 

•“E pur tuttavia il loro maggior costo sta nella capziosità dei condizionamenti, nell’intermediazione appaltistica, nei suggerimenti interessati di nomine e promozioni. 

•Al punto in cui siamo, è essenziale drenare tutte le risorse disponibili – intellettuali, economiche e di tempo – convogliandole verso l’utilità comune. Solo per questa via si può salvare dal discredito generalizzato il sistema della rappresentanza, il quale deve dotarsi di anticorpi adeguati, cominciando a riconoscere ai cittadini la titolarità loro dovuta.” .

Come Popolari non abbiamo nessuna difficoltà a fare nostro il richiamo “drenare tutte le risorse disponibili – intellettuali, economiche e di tempo – convogliandole verso l’utilità comune.”, visto che coincide con la nostra proposta politica, focalizzata sulla continua ricerca di persone di buona volontà in grado di valorizzare le risorse locali, per favorire uno sviluppo autoctono, nella direzione di un sistema globalizzato.

Come cattolici ci rincuora quanto affermato dal Cardinale Bagnasco riguardo alla gente “I vostri sentimenti ci invitano all’umiltà, responsabili come siamo del patrimonio di fiducia che ci confidate. Ci incoraggiano a esservi sempre più vicini ovunque, per raccogliere le ansie e le gioie dei vostri cuori, continuando a dar loro voce ed espressione. Noi nulla chiediamo, se non di starvi accanto con il rispetto e l’amore di Cristo e della Chiesa.” ….” La Chiesa pellegrina in Italia non intende sottrarsi alle attese e alle responsabilità che le competono.”.

La nuova organizzazione mondiale, sotto un grande ombrello chiamato globalizzazione, permette alle realtà locali di mostrare “tutti i talenti” presenti sul territorio e di valorizzarli, ecco perché parliamo di globalizzazione e glocalizzazione.

La Chiesa con il suo messaggio universale è da sempre globale, e attraverso i suoi Pastori promuove il messaggio cristiano nelle Diocesi e nelle Parrocchie. Questa nuova organizzazione mondiale non rappresenta niente di nuovo per la Chiesa. I cristiani da sempre hanno promosso lo sviluppo integrale della persona contestualizzando il messaggio ai territori.

In questi anni la Chiesa italiana ha portato avanti significativi progetti grazie alle iniziative della Caritas e di Migrantes.

Oggi la gravità della situazione italiana richiede ai cattolici e alla Chiesa tutta un ulteriore impegno di supplenza, preso atto che la politica si sta perdendo in diatribe bizantine. In questi anni la Chiesa italiana ha promosso il “progetto culturale”, è giunto il momento di verificare se i suoi contenuti sono calati sul territorio. Le Diocesi italiane debbono fare un ulteriore sforzo, oltre ad iniziative caritative devono favorire l’aggregazione di credenti e non credenti su progetti sociali di lunga durata che creano sviluppo e lavoro.

Questo in considerazione delle due grandi emergenze che vive il Paese: la mancanza di lavoro e la diminuzione degli importi nei bilanci pubblici relativi ai piani di zona, che permettevano di concorrere a finanziare il terzo e il quarto settore.

Una Chiesa che a livello diocesano e parrocchiale può contare su sacerdoti formati, competenti e impegnati sui problemi sociali e sul lavoro.

Un ritorno all’ottocento dove all’ombra dei campanili nascevano “casse rurali”, con il compito di finanziare attività sul territorio e non di rastrellare risparmio da investire in sistemi finanziari internazionali; si realizzavano progetti di solidarietà sociale nella cultura della sussidiarietà orizzontale; si favorivano strumenti che creassero occupazione.

Questo per dimostrare che la Chiesa è sempre vicina ai problemi della gente, in sintonia con la testimonianza di Cristo, consci che nei prossimi dieci anni gli italiani saranno richiamati a rimettere il debito pubblico a scapito delle politiche sociali e della crescita.

29 Settembre 2011

 


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