Corrado Tocci

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Una politica economica e finanziaria globale sbilanciata

UNA POLITICA ECONOMICA E FINANZIARIA GLOBALE SBILANCIATA

La cultura economica occidentale, mentre subisce contraccolpi quotidiani dalla globalizzazione finanziaria, cerca di affrontare le difficoltà che la delocalizzazione produttiva e il commercio internazionale stanno creando al mercato del lavoro e alle politiche sociali.

I Governi occidentali sono ostaggio della congiuntura internazionale che attraverso la delocalizzazione e il subappalto accentua le disuguaglianze nazionali, soprattutto tra generazioni, e rende vani anni di concertazione sociale raggiunta con duri confronti tra le parti sociali e i Governi.

Le risposte che danno i vari Governi possono essere definite “a macchia di leopardo”. Provvedimenti tampone, diversi tra uno Stato e l’altro, che incidono con valenze diverse a seconda dei settori, il tutto pur facendo parte gli stessi Stati della stessa Unione e richiamandosi agli stessi principi e valori.

Ma il settore in cui gli Stati dimostrano di non essere in grado di incidere è quello della globalizzazione finanziaria e dei suoi criteri di funzionamento. Anche se gli Stati approfittano della scelta fatta da diversi imprenditori/finanzieri, i quali, invece di andare ad investire nei Paesi in via di sviluppo, accelerando la crescita del PIL mondiale e il conseguente allargamento del mercato, preferiscono finanziare il debito pubblico delle nazioni considerate ricche.

Questa situazione è figlia dell’eccesso di risparmio accumulato dai Paesi asiatici emergenti e dagli stati produttori di petrolio, che hanno, anche, favorito la crescita della bolla edilizia americana e la continua evoluzione e crescita dei prodotti finanziari derivati.

Occorre farsi una ragione per cui la finanza internazionale non è più sotto il controllo delle Banche Centrali ma di una “banca mondiale ombra”, che ha proprie regole. Gli Stati da decisori di politiche economiche sono ridotti a “strutture di pronto soccorso” impegnate quotidianamente ad attutire le conseguenze di politiche finanziarie/economiche decise ed attuate da altri.

Riguardo alla situazione italiana è necessario un attento esame di coscienza da parte delle classi dirigenti per emendarsi da “dogmi” come: i mercati si comportano in modo efficiente; l’auto-regolamentazione funziona molto bene; l’innovazione finanziaria trasferisce il rischio a coloro che sembrano in grado di sostenerlo nel modo migliore; l’intervento degli Stati non ha alcuna efficacia, anzi può essere dannoso.

La classe politica italiana deve tener presente che: i mercati sono inclini a subire le bolle speculative, l’eccessivo indebitamento pubblico non regolamentato crea un rischio sistemico, la mancanza di trasparenza mina la fiducia dei cittadini nelle istituzioni; gli Stati debbono riprendersi le redini del sistema globale dei mercati e della finanza considerato che gli Organismi preposti hanno dimostrato di non essere al passo con i tempi.

Come Italia paghiamo l’impostazione di un mercato mondiale con una “governance” carente dovuta ad una mancanza di una Entità democratica globale in grado sopperire allo squilibrio esistente tra l’ambito nazionale dei Governi e la natura globale dei mercati.

Febbraio 2008


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